TERRA E CONQUISTA: IDEE IN GUERRA
Dopo aver delineato, per sommi capi, cosa si intende per geopolitica, proseguiamo con la storia di questa disciplina, con una digressione sui suoi padri fondatori: Ratzel, Kjellen e Hausofer
di Fabrizio Bertolami per Comedonchisciotte.org
Con la fine dell’800 si conclude definitivamente la fase di conquista di territori liberi e ogni ulteriore espansione chiama in causa i confini di un altro impero. La Russia domina la massa euroasiatica dalla Finlandia sino all’Alaska, l’Impero Asburgico e la Germania la fronteggiano ad Ovest,la Francia detta la politica continentale e la Gran Bretagna domina i mari e possiede colonie in tutto il globo. In Asia, la Cina vive gli ultimi tumultuosi decenni dell’Impero Qing e combatterà in seguito per la propria integrità contro tutte le altre potenze mondiali. Il Giappone è uscito dal suo isolamento secolare e ora si propone come una delle potenze più dinamiche e in piena espansione. Per questo motivo entrerà in seguito in rotta di collisione con gli Stati Uniti, desiderosi di mantenere stabilmente nella loro sfera di influenza l’Asia del Sud e il Pacifico. L’Africa subsahariana è un insieme variegato di colonie europee mentre la costa sud del Mediterraneo resta ancora in mano all’impero Ottomano, così come l’area che va dal mar Nero al Golfo Persico.
Fra il 1815 e il 1875 la superiorità navale permise alla Gran Bretagna di imporre le proprie politiche commerciali e monetarie al mondo, inglobando nel suo sistema Nazioni di ogni continente ma la cui caratteristica comune era quella di essere raggiungibili via mare. La crescita industriale degli Stati Uniti e dell’Europa continentale mise progressivamente fine al sistema commerciale inglese e il mondo si polarizzò in due blocchi. Il blocco anglo-francese e statunitense mirava allo status quo mentre l’altro capeggiato dalla Germania tendeva ad acquisire possedimenti coloniali e a sostituire il predominio finanziario della Gran Bretagna nel mondo. Il ruolo sempre maggiore dei governi nelle attività economiche e la scolarizzazione di massa produssero il sentimento diffuso che le nazioni fossero delle comunità di destino (1). La rivalità inter-imperiale fu alimentata dai crescenti Nazionalismi connaturati a questo processo storico e la Prima guerra mondiale fu l’inevitabile conseguenza della competizione fra le potenze dominanti (2).
In questo panorama naque la disciplina della Geopolitica ad opera di autori come Mackinder, Ratzel, Kjellen e più tardi Hausofer e Spykman, capaci di coniugare geografia e storia in maniera dialettica.
Tutte le teorie di questi autori mettono in luce come alcune ricorrenze storiche siano frutto della particolare geografia dei luoghi in cui si sono svolte e che ciò determina alcune costanti geografiche che hanno influenzato e influenzeranno il senso della Storia nei secoli. La geopolitica del XX secolo è anche geo-storia. Essa non è solamente rivolta ad un’analisi degli avvenimenti passati quanto ad un ragionamento teso a poter prevedere quali territori dovranno essere oggetto dell’azione della politica estera dello Stato in maniera scientifica, anche se non del tutto scevra dalle opinioni politiche del tempo e degli autori stessi.
Durante i secoli precedenti era continuamente accaduto che le nazioni europee si ingrandissero a scapito dei vicini grazie a spoliazioni territoriali, matrimoni dinastici e guerre. Era però un panorama che stava sparendo. Un elemento dominante nella geografia politica del tempo era l’idea che ciascuno stato avesse o dovesse avere dei confini naturali. Ciò presentava la possibilità di poter usare i caratteri della geografia fisica per determinare l’area naturale dello Stato ma portava anche a poter pensare che esistesse ancora dello spazio “irredento” da riportare sotto le ali protettrici della “Patria”, e che questo spazio dovesse per forza essere riconquistato.
Un altro elemento era il nazionalismo economico. Lo stato-Nazione veniva definito come l’unità fondamentale di tutte le transazioni economiche per cui gli individui e le imprese erano subordinati alle più importanti necessità di esso. Più ampio lo Stato, più vasto la spazio economico, più grande la potenza. Le colonie erano il più ovvio metodo di ampliamento spaziale, separate dalla Madre Patria per cause di forza maggiore, ma necessarie allo sviluppo e al progresso tanto quanto il “Sacro Suolo”. Il potenziale degli stati di diventare grandi potenze era legato alle loro prospettive industriali che erano a loro volta determinate dalla disponibilità di risorse naturali, dall’abilità di sfruttarle e da mercati di sbocco per i prodotti finiti della Madre Patria.
In Europa però vigeva un rigido sistema di frontiere e dazi tali da impedire un fluido commercio intra-europeo in un epoca di produzione industriale massificata e economie di scala. Inoltre nuove Nazioni erano desiderose di delimitare il proprio spazio di sovranità fiscale, economica e militare. L’Europa a cavallo tra ‘800 e ‘900 testimonia la conclusione delle lotte per la costituzione delle nazioni e la definizione dei confini che saranno poi oggetto della Prima Guerra Mondiale.
Germania e Italia, ora unite e indipendenti, si aggiungono alle lista delle altre Nazioni libere d’Europa.
La preoccupazione legata agli spazi geografici è anche sicuramente figlia della crescente quota che il commercio internazionale ha nella produzione del reddito nazionale. Il dominio inglese sui mari, ad uso e consumo di un mercantilismo aggressivo, aveva portato ad un primo abbozzo di globalizzazione dei mercati anche sfruttando un momento in cui le regole del mercato potevano essere decise con i cannoni e solo dopo essere scritte sui trattati bilaterali. Ovvio che la posizione, marittima o meno, fosse determinante per poter fare dell’esportazione e dello scambio un motore per l’accumulazione di capitale. nazioni come la Germania non erano certo avvantaggiate ma se il vapore aveva permesso il commercio internazionale marittimo su larga scala, quello stesso vapore poteva alimentare i treni che erano il mezzo scelto dai tedeschi per dare forma alla loro espansione territoriale.
Friedrich Ratzel : gli Stati come esseri viventi
I padri fondatori della disciplina geopolitica sono il tedesco Friedrich Ratzel (1844 – 1904) e lo svedese Rudolph Kjellen (1864-1922) . Il primo, maestro del secondo (3), aveva una concezione globale dell’influsso sulla politica della geografia, non solamente intesa in maniera fisica ma anche dal punto di vista economico, culturale e tecnologico (4). Secondo Ratzel fondamentali sono i concetti di superficie e ampiezza dello stato in quanto egli afferma che gli stati possono prosperare solo se si espandono. Ciò accade in virtù di una vitalità sociale e livello culturale e industriale superiore. Anzi :
“[…].le dimensioni di uno stato divengono uno dei metri del suo livello culturale” (5).
La sua è anche una concezione geostrategica della posizione delle nazioni: la Germania è il crocevia europeo verso l’Est, l’Inghilterra domina lo spazio marittimo grazie alla sua insularità, l’Italia è il ponte fra Europa e Africa.
I principali elementi della politica ratzeliana sono:
- La proposta di riorganizzare la geografia in generale intorno alla geografia dello Stato aristocratico borghese e al servizio di esso (6).
- L’influenza del determinismo di stampo biologico in uso nelle scienze sociali del tempo. Ratzel concepiva lo stato come un organismo vivente il cui territorio variava nel tempo a seconda della sua vitalità sociale e demografica (7).
- La definizione di Lebensraum (Spazio vitale). Con l’aumentare della sua popolazione, la ricerca delle risorse portava alla necessità di scegliere tra espandersi o morire. L’espansione poteva avvenire annettendo dapprima gli stati più piccoli a sé o cercando di ricomprendere exclaves culturalmente omogenee rispetto allo Stato.
Ratzel non riteneva che il nemico principale fosse la Gran Bretagna quanto la Russia, poiché impediva alla Germania la piena espansione e l’occupazione del proprio Lebensraum verso est (8). Egli infatti immaginava il continente europeo, e specialmente quella parte orientale detta mitteleuropa, come l’ambito destinato all’espansione imperialistica tedesca (9) .
Rudolph Kjellen: lo Stato-organismo
Rudolph Kjellen (1864-1922) fu il primo studioso ad usare il termine geopolitica . Egli considerava la geopolitica come “organismo geografico” (10). che in prima istanza coincide con il territorio della Nazione fondata etnicamente. La sua disciplina viene poi ulteriormente suddivisa in sociopolitica, econopolitica e demopolitica. La sua era una categorizzazione sviluppata per valutare il livello di potenza relativo dei vari stati per dedurre l’evoluzione degli assetti delle relazioni internazionali (11). Kjellen era visceralmente antibritannico e ardentemente filotedesco. Non condividendo il sistema internazionale fondato sulla pax britannica, egli ipotizzò un sistema internazionale riorganizzato in tre macro-regioni:
- Area Americana.
- Area germano-scandinava. Include l’est Europa, la Russia e il medioriente fino a Baghdad.
- Area asiatica. Include tutta l’Asia e ha un leader nel Giappone.
La sua era una visione piuttosto netta: solo la germanizzazione del continente ne avrebbe permesso l’integrazione e garantito la salvezza della stessa cultura europea. “Un Europa tedesca per fronteggiare la competizione delle potenze anglosassoni ad ovest e quelle orientali ad est” (12). Alcune delle sue idee, come quella panregionale e dello stato-organismo, vennero in seguito riprese dal regine nazionalsocialista tedesco nei progetti di riorganizzazione dell’Europa vent’anni dopo (13).
Karl Hausofer : Spazio e Volontà di Potenza
In Germania, a seguito delle condizioni imposte dalla pace di Versailles, il calderone di rivendicazioni geografiche, economiche e politiche si riempiva e veniva condito da teorie geopolitiche più consone ad una volontà di rivalsa, irredentismo e espansione economica. La scuola della Geopolitik tedesca riunì il concetto ratzeliano di “Stato organismo” elaborato da Kjellen al modello strategico globale di Mackinder. La geopolitica, in quanto disciplina scientifica, diventò così programma e non più opzione. Dal 1933 al 1945 questo programma venne assunto politicamente dal governo Nazionalsocialista di Adolf Hitler.
Questa prospettiva fu adottata da Karl Hausofer (1869-1946) e dai suoi adepti poiché offriva contemporaneamente una spiegazione e una soluzione alla situazione tedesca dopo la I Guerra Mondiale e segnava una strada verso la rivincita. E’ spesso presente negli scritti di Hausofer, un sentimento di avversione verso gli Stati Uniti e l’Inghilterra, colpevoli di voler soffocare la libertà dei “tre grandi popoli del futuro” Russi, Tedeschi e Giapponesi (14). Centro del modello dello studioso tedesco era la teorizzazione dell’esistenza di panregioni omogenee su base razziale e etnica (pangermani, panslavi, panarabi,. . . ) e l’idea che il mondo fosse costituito fondamentalmente da due raggruppamenti: i colonizzatori e i colonizzati.
Hausofer deve quindi a Kjellen anche il modello panregionale oltre all’idea di stato-organismo. Il progetto geopolitico della geopolitik fu infatti mutuato dalla teoria dello studioso svedese. Hausofer pensava a una divisione del mondo in panregioni sviluppate nel senso dei meridiani per ricomprendere aree temperate e aree tropicali (14).
Le pan-regioni di Hausofer
Centrale nel suo ragionamento era il concetto di “Lebensraum” o spazio vitale, strettamente legato alla specifica demografia tedesca e alla mobilità geografica che nei secoli aveva disperso comunità di lingua tedesca in tutta l’Europa dell’est. Ciò funse da base ideologica per le successive annessioni, operate dal regime nazionalsocialista in Austria, Cecoslovacchia e Polonia. La teoria faceva del Lebensraum il fattore di spinta dell’espansionismo con la motivazione che non poteva darsi ai tedeschi un territorio inferiore a quello che avevano già conquistato storicamente nei secoli. L’ingiustizia dei confini segnava una forzata interruzione dell’area di lingua tedesca e perciò essi dovevano essere ridisegnati in modo da ricomprendere quelle comunità disperse e allargare il suolo del regno tedesco ridisegnando nuovi confini. La geopolitik di Haushofer caldeggiava un alleanza con l’URSS immaginando l’Europa centrale come una federazione multietnica e attribuiva, fino agli anni ’30, poca importanza alla questione razziale.
Ciò che Haushofer aveva in comune con i Nazionalsocialisti era un risentimento verso i termini economici imposti dal trattato di Versailles così come a quei riaggiustamenti territoriali come il corridoio di Danzica, la restituzione dell’Alsazia alla Francia e soprattutto l’occupazione straniera del bacino minerario della Ruhr che avrebbero portato “alla cancellazione della Germania come soggetto della storia” (16).
Haushofer credeva inoltre che le sue idee geopolitiche avessero una valenza generale. Raffestin afferma che:
“Il punto delocalizzato e “divino” implicito nelle carte dei geopolitici tedeschi rappresentava un tentativo di prevedere l’equilibrio di potere fra stati rivali piuttosto che un tentativo di analizzare i contesti geografici di tali stati nella loro complessità” (17).
La sua era una geopolitica filosofica più che pratica, poiché non metteva a disposizione del “Principe” i mezzi per ottenere quell’espansione territoriale che essa stessa propugnava ma ne fondava i principi. I frequenti rapporti con il Giappone, paese in cui Haushofer fu diplomatico tra il 1909 e il 1910, lo portarono a giustificare anche le azioni del nascente Impero Giapponese in Asia la cui opera era considerata in un ottica antiamericana nell’area e garante di un ordine stabile, vista anche la progressiva debolezza verso la quale stava scivolando la Cina. Haushofer riconobbe la valenza geopolitica del patto Molotov-Ribbentropp del 1939 e fu contrariato quando i tedeschi lo ruppero invadendo l’URSS nel ’41. Come detto, la Geopolitik immaginava infatti l’Europa centrale come una federazione multietnica in cui l’elemento razziale, almeno fino all’avvento al potere del Nazionalsocialismo negli anni ’30, non rappresentava un argomento ostativo (18).
Il suo disegno profetizzava quindi un blocco continentale che andasse dall’Italia alla Russia, passando per la Germania per finire al Giappone. Un immenso spazio che contemporaneamente egemonizzava l’Heartland, spezzava il fronte del Rimland e metteva Italia e Giappone a difesa dei confini marittimi dalla presenza degli Stati Uniti e della Gran Bretagna. A seguito della sconfitta tedesca, il termine geopolitica venne progressivamente associato alle idee naziste e l’intera disciplina cadde nell’oblio. La geopolitica come disciplina a sé stante cessò di esistere e non venne più insegnata nelle Università dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Ciò non significa tuttavia l’eliminazione tout-court dall’insieme di strumenti analitici in uso ai governi anche negli anni della Guerra Fredda. (segue…)
di Fabrizio Bertolami per Comedonchisciotte.org
10.09.2023
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