giovedì 23 settembre 2021

Trieste. E... I Triestini...

 Un simpatico testo di Diego Fantoma:


Trieste. E i triestini.


Per quanto abbia una popolazione modesta, Trieste non è storicamente un città di provincia. Lo è diventata dopo l'annessione all'Italia, nel 1954. Era la seconda città più importante dell'Impero Austrungarico dopo Vienna e vale la pena ricordare che gli Asburgo erano discendenti delle grandi dinastie del Sacro Romano Impero, di cui raccolsero l'eredità: era quindi la seconda città del più grande impero di tutti i tempi, vi piaccia o no. Savoia, Borboni o Paperino che possono essere state grandi case reali nei luoghi da cui venite, in confronto erano degli zappaterra. E se siete francesi vi ricordo che le “vostre” dinastie erano mezze Asburgo.


Trieste è una città particolare perché da sempre era il punto di incontro tra le civiltà europee e le etnie slave, e come se non bastasse ha subito una grande influenza orientale in quanto importante centro di scambio della via della seta. Voi pensate di comprare dai cinesi? Noi con i cinesi commerciamo dal medioevo.


A Trieste trovate la seconda sinagoga più grande d'Europa (prima fino a pochi anni fa) ma anche uno dei più atroci impianti di cremazione del III Reich, la Risiera.


A Trieste convivono le più importanti comunità greco- e serbo- ortodosse, con chiese di rara bellezza.

Trieste ha una numerosissima comunità di origine e madrelingua slovena: non è raro entrare in un negozio e sentire parlare sloveno. Ma c'è anche la Foiba di Basovizza, una delle più grandi dell'ultima guerra.


C'è la più maestosa piazza affacciata sul mare che il mondo conosca e la più grande (in termini di volume) caverna del mondo (impropriamente chiamata grotta).


Trieste è in fondo a un cul de sac che chiude l'Adriatico, ed è circondata da colline e montagne: il suo clima è particolare e senza parlare della Bora, che merita un discorso a sé, ci si può trovare a dicembre a passeggiare in maniche corte in Carso e a marzo a guardare incredibili tramonti sul mare circondati dalla neve.


Trieste è la città con maggiore concentrazione di teatri stabili di produzione: due teatri di prosa, uno lirico e il teatro stabile sloveno, con un contorno effervescente di innumerevoli teatrini amatoriali anche con vere e proprie stagioni e abbonamenti.


Trieste è la città dove si organizza la più rocambolesca gara di tuffi. Ma è anche la città in cui il Sindaco partecipa alla più rocambolesca gara di tuffi.


A Trieste si festeggiano almeno 4 carnevali: quello più famoso, di Muggia, il carnevale Carsico, il carnevale dei Rioni, cittadino, e il carnevale estivo, nuovamente a Muggia.


Trieste non è una città di mare, piuttosto è una città con il mare: le sue tradizioni poco hanno a che fare con la vita marinaresca ma la storia racconta dei grandi commerci del suo porto. Anche la tradizione enogastronomica non trova radici ittiche, preferendo di gran lunga i cibi di carattere mitteleuropeo.


Uno dei piatti tipici è il maiale in caldaia (la porzìna, ma non solo) nel pane, con senape e kren (rafano). Lo si mangia a tutte le ore, tipicamente dalle 8 alle 20. Diffidate della reale triestinità di uno che lo mangia senza senape o kren.


Dopo la guerra Trieste è stata sotto governo americano: il jazz fa parte della sua storia, così come il rock. Fatevene una ragione.


Trieste è sempre stata molto ricca sia di denaro, grazie al porto e ai commerci, sia di cultura. 

Se credete di essere femministe, a Trieste già a fine Ottocento le donne si trovavano nei caffè con le amiche, e quando in Italia le donne non uscivano di casa, qui erano capoufficio.

Il triestino ama più divertirsi – con poco e di sano e socialmente accettabile modo – che lavorare. Avete bisogno di un lavoro fatto bene ed economicamente onesto? Qualunque triestino vi dirà “la vadi in friul”.


Il motto è “Viva l'A. e po' bon, che la vadi ben, che la vadi mal, sempre allegri e mai passion”: incarna perfettamente la triestinità. L'A. (con il punto) è l'Austria. Il triestino è nostalgico. Magari distaccato, ma nostalgico. E po' bon: è intraducibile, si potrebbe intendere come “e va tutto bene”. “Sempre allegri e mai passion”: è evidente che il triestino non è di carattere un piagnone.

In sostanza è un menefreghista su tutto, in modo cosmico. Ma non in senso negativo: semplicemente gli basta poco, si accontenta e del resto non si cura. L'importante è mangiare e bere in compagnia.


A Trieste c'è la più grande azienda di caffè del mondo. Il triestino medio, quindi, è sveglio. E nervoso. Non ce l'ha con voi, è proprio fatto così.


A Trieste c'è anche la sede di una delle più grandi imprese assicuratrici al mondo e le prime tre grandi assicurazioni italiane sono nate qua.  Anche la prima assicurazione on line è nata a Trieste.


Trieste ha sempre avuto una grande tradizione sportiva ma è anche una delle città con il maggior rapporto procapite di acquisto di alcolici. Non sfidate un triestino. Mai. Né in attività sportive, tanto meno a bere.


A Trieste non ci sono grandi luoghi di ritrovo: si va a Barcola, sul lungomare, o sulle rive. O in osmizza – su questo ci torniamo poi. Non aspettatevi discoteche o american bar: siete nella terra delle sagre. Qui la gente vive frequentandosi, passeggiando, mangiando e ballando all'aria aperta. Anche d'inverno. 


Se impari a guidare a Trieste in qualsiasi altro posto sei un rallysta.


Per un triestino vero il mondo finisce al Lisert, più o meno all'altezza del casello autostradale. Qualunque cosa sia oltre Lisert è aliena. Il lavoro, per esempio (v. “la vadi in friul”).


È anche piuttosto frequente assistere a dialoghi del tipo (tradotti in italiano):


- Andiamo a mangiare pesce a Staranzano? [40 km, ma è oltre Lisert]

- Fino laggiù? No, dai meglio Parenzo! [60km, in Croazia e devi attraversare prima la Slovenia]


Il triestino saprà condurti per le vie più recondite dell'Istria ma non riuscirà mai a districarsi tra rotonde e incroci dell'oltre-Lisert. Se sei in auto con uno che vi si orienta, abbi qualche dubbio sulla sua reale triestinità.


Trieste ha una incredibile vivacità soprattutto teatrale e il triestino è un godereccio. Cosa ti fa pensare che non troverai niente da mangiare dopo teatro o, comunque, a ore tarde?


Il triestino è lamentoso. Si lamenta di tutto, soprattutto dei triestini. Ovviamente non toccargli Trieste.


Se pensi di aver visto un cinghiale passeggiare tranquillo vicino al centro, probabilmente hai visto un cinghiale passeggiare tranquillo vicino al centro. I triestini si lamentano che ci sono troppi cinghiali e che la città e invasa e quindi si fanno i selfie con loro per dimostrarlo.


Una delle cosa curiose di Trieste è che ha la concentrazione più alta di operatori e centri della ricerca scientifica, superiore a Silicon Valley. Ci sono più centri internazionali e delle Nazioni Unite a Trieste che in qualunque altra città del mondo.

Oltre a questi eccellono e sono riconosciuti a livello mondiale l'Istituto Burlo Garofolo, specializzato in malattie infantili, e l'Istituto Rittmeyer, uno dei più avanzati centri di ricerca sulle tecnologie e l'educazione per non vedenti.


A Trieste confluiscono infinità di ricercatori da tutte le parti del mondo e ciò, a volte, causa dei malintesi: ne sono ospitati talmente tanti che se vedete un extracomunitario venirvi incontro non sapete se è un profugo o un premio nobel.


Inoltre a Trieste si progettano e costruiscono navi da crociera, motori per navi e pezzi del telescopio Hubble e dello Space Shuttle.

In compenso per trovare un muratore... la vadi in friul.


Trieste ha ospitato (o visto nascere) talmente tanti personaggi importanti che il triestino non ci fa caso, come a tutto il resto.

Vi sedete a bere una birra e vi sembra di aver già visto da qualche parte quello seduto accanto che somiglia a Sting? È Sting. Che si fa gli affari propri, come tutti i triestini.


A Trieste la distanza sociale è minima. Non è raro andare a prendersi un panino di porzina in un buffet del centro e trovare il sindaco che se ne sta mangiando uno.


A Trieste la scorta è solo per calciatori e capi di stato.


Trieste è così, rende normale chiunque.


Il triestino ha una sola parola. Ed è “spritz”. Ma non con l'Aperol. Lo spritz triestino è acqua gassata e vino. Stop. Non si discute. Al massimo potete scegliere se vino bianco o rosso. Il top è la Radenska con il Terrano.


A Trieste ci sono due vini tipici: il Terrano (teràn, anzi, terranella), rosso, piuttosto acido, lascia la lingua viola, e il Vitovska, che cresce esclusivamente in una piccola zona del carso: è un curioso vino rosso che però è di colore bianco.


A Trieste i bar sono aperti con orario continuato. Si può mangiare e bere a qualunque ora (ammesso che il bar abbia ancora qualcosa).


Prendere un caffè a Trieste richiede una serie non banale di decisioni.

Volete un macchiato? Ma con latte caldo? Oppure freddo? Con schiuma? Senza schiuma? Con tanto o poco latte? Normale, decaffeinato, o d'orzo? In tazzina o bicchiere “piccolo” tipo Vienna? O in tazza grande?


Inoltre a Trieste si abbrevia. Un “Deca chiaro caldo in bi senza” è il caffè macchiato ma decaffeinato, chiaro significa con molto latte e caldo, in bicchiere, senza schiuma. Il caffè semplice si chiama “nero”.


Sebbene sia un modo di dire che con il tempo ha assunto una caratteristica più volgare e meno rispettosa, ancora oggi a Trieste il cameriere si chiama con “Capo”.


A Trieste si parla in dialetto. Abituatevi. Per facilitare le cose però si usa saltuariamente invertire la prima parte dei sostantivi con la seconda. Esempio: “Dove xe el gnoba?” sostantivo: gnoba, invertito: bagno. A Trieste le doppie non si usano. È spreco di energia.


I triestini sono persone che hanno un gran valore della socialità. Quando entrate in un negozio per fare degli acquisti state limitando la possibilità di socializzare e quindi disturbate. Non è un'impressione.


Volete avere un servizio cortese? Chiacchierate e annuite mentre il triestino si lamenta della sua città, ma non dategli mai ragione: lui può parlarne male, voi no. Se avete fortuna in un paio d'ore dovreste riuscire ad avere il ricordino che volevate comprare.


Trieste è circondata dal costone carsico, un rilievo che arriva fino a 600 metri, visibile più o meno da ogni punto della città. Da centro città si sale sul costone in meno di dieci minuti. 

Quindi, se non sapete guidare usando il freno a motore, NON SCENDETE.


Non parlare MAI a un triestino di quanto è bello il costone carsico se non volete sorbirvi svariate ore su come l'hanno rovinato piazzandoci un orrendo santuario mariano in stile post moderno di vago sapore socialista a forma di formaggino. Si narra che sia una base aliena.


Più recente rispetto al tempio mariano, ma altrettanto mostruoso ed elevato, è l'Ospedale di Cattinara. Nel 1986 giornali di mezzo mondo hanno diffuso una sua foto spacciandolo come la centrale di Černobyl'. I triestini, naturalmente, ne andarono orgogliosi.


Il Carso triestino è costellato di grotte. Le censite sono circa 2000, chissà quante ce n'è ancora. Se andate a fare una passeggiata NON uscite dai sentieri perché molte sono nascoste dalla vegetazione: potreste volarci dentro e tipicamente si parla di centinaia di metri di profondità.


Ma per fortuna il Carso è costellato anche di osmize: sono case private che ricevono una concessione speciale, ereditata dai tempi austriaci, per rimanere aperte al pubblico e vendere i loro prodotti naturali. L'osmiza è un rito tipico della domenica pomeriggio, così come le passeggiate in carso. Da provare, assolutamente.


Il nome deriva da "osem", otto, in sloveno, che era la durata di apertura massima in giorni consecutivi concessa ai tempi dell'impero. Oggi questo limite è ben più ampio.


In osmiza si va rigorosamente con la chitarra e si fa baldoria con tutti i presenti. La primissima cosa da fare è mangiare un uovo sodo, che “fa fondo”. Se chiedete acqua in osmiza aspettatevi una risposta del tipo “state male?”.


A Trieste, il secondo fine settimana di ottobre, si svolge la più numerosa regata velica del mondo: la “Barcolana” che accoglie oltre 2000 barche a vela, di tutti i tipi e misure. Per l'occasione Trieste diviene una gigantesca festa che dura una settimana.


Il 90% dei triestini “partecipa” alla regata portando a bordo damigiane di vino, casse di birra e prosciutti interi (specialità locale). E il cane.


Alla sera, passeggiando per le Rive – in pieno centro, ci si può soffermare a guardare gozzovigliare i futuri concorrenti. Non è da escludere che vi facciano assaggiare qualche prelibatezza allungandovela dalla barca.


Nonostante la presenza dei molti centri di ricerca scientifica, ancora non è stato chiarito se sussiste una relazione tra quantità di cibo e bevande a bordo e ultima posizione in classifica.


Durante la Barcolana la città passa da circa 230.000 a oltre 500.000 presenze.


Un tramonto durante la Barcolana, con il sole rosso che si tuffa nel mare e migliaia di vele in controluce è di certo un'immagine che non si scorda facilmente.


Trieste ha tre ingressi a nord: l'autostrada, la statale e la strada costiera. Entrando dalla costiera avrete più di 5km di rettilineo in forma di stabilimento balneare libero e gratuito in cui d'estate la gente sta in costume da bagno – o anche topless – a fianco della strada.


Il Comune ha dovuto piantare alberelli e arbusti al fine di ridurre drasticamente l'elevato numero di tamponamenti. Chi arrivasse in autobus, torpedone, camion o, più in generale, qualunque mezzo con i sedili più elevati rispetto ad un normale veicolo, potrà in ogni caso godersi il panorama.


Sebbene Trieste sia dominata dall'imponente castello di San Giusto, simbolo della città storica, se chiedete a un triestino dov'è – genericamente – il castello, vi farà rifare la strada costiera e vi manderà a Miramare: era la dimora, a picco sul mare, di Massimiliano d'Austria, fratello dell'Imperatore Francesco Giuseppe.


Come si è già detto, il triestino è nostalgico, ma questa volta a ragione: Miramare è di certo più affascinante e fiabesco rispetto al trecentesco protettore della città.


Come avrete intuito, Trieste è completamente affacciata sul mare: se vi sembra di aver visto una enorme nave da crociera entrare in centro città è perché avete visto una enorme nave da crociera attraccare in centro città, dove sta il terminal.


A Trieste non è facile perdersi: i nomi delle vie sono ripetuti su ogni incrocio e su ogni tabellina dei numeri civici. Basta che vediate un qualunque portone e leggete la via in cui vi trovate. Questa – utilissima – usanza è di nuovo retaggio austrungarico, perché – come si suol dire – l'Austria era un paese ordinato.


Infatti a Trieste si usa il sistema Tavolare, instaurato da Francesco I d'Asburgo, settanta anni prima che in Italia venisse impiantato il Catasto, ancora oggi è aggiornato e redatto in tre lingue: italiano, tedesco e sloveno.


È facile riconoscere un triestino in un'altra città: lo vedrete fermo a contemplare l'alto dei portoni delle case alla vana ricerca della tabellina del civico da cui non saprà mai in che via si trova.


In fondo Trieste è una parte del mio ❤️

sabato 14 agosto 2021

Uno in meno!




... copio e incollo perché condivido ogni singola parola ...

A dimostrazione che non sempre muoiono i migliori, giunge notizia che Gino Strada sia giunto alla fine del cammino. A quanti ne piangono la morte, va il mio rispetto, piangono l'uomo capace di fondare Emergency, di creare tanti ospedali da campo, di aver dato asilo agli ultimi, ai disperati, ai malati. Ogni uomo ha la sua Storia, il suo vissuto e quasi mai ciò che si vede è. 

L'uomo ha un passato da picchiatore, massacratore comunista, tanto per dare il senso giusto alle parole, e il giusto peso alle azioni; l'uomo ha un nome di battaglia come tutti gli eroi "partigiani", perché è di un partigiano che parliamo ,nel senso più letterale del termine: di parte. L'uomo chiamato "chiave inglese" era quello che forte dell'assistenza di altri 9/10 criminali come lui, assaltava il primo Missino o presunto tale, ed a colpi di chiave inglese appunto, lo mandava all'ospedale, a volte in coma, a volte con traumi irreversibili a volte all'obitorio, come nel caso di Sergio Ramelli morto dopo un'agonia di 47 giorni. 

Nei suoi ospedali, i militari Italiani feriti, venivano curati, e non sempre, dopo gli altri, per ultimi, in base a discriminazione personale. 

Allora io non mi aggiungo al lacrimatoio Nazionale, rifiuto i "coccodrilli" TV, immagino l'incenso che verrà versato nei telegiornali serali, mi sembra già di leggere i commenti dei giornali, mi limito a voler mostrare l'altra faccia dell'uomo, il mio dire non ha pretesa di giudizio, il giudizio ultimo non spetta agli uomini.

Non tutti, anzi, pochi italiani conoscono la vera storia di Gino Strada, l’icona della sinistra che si permette di elargire patenti di razzismo a chiunque non la pensi come lui. 
Forse è giusto rivangare la memoria, riproponendovi un ritratto di questo personaggio che qualche anno fa fece il grande giornalista Gigi Moncalvo:

C’è uno strano caso di “silenzio stampa” in questo nostro grande paese: quello riguardante il passato violento del dottor Gino Strada. Il pacifista, la colomba, l’uomo che ama il bene e fa del bene, il missionario laico che va in soccorso degli oppressi, colui che predica col ramoscello d’ulivo in bocca, è lo stesso che faceva da “luogotenente” – insieme al futuro odontoiatra Leghissa – a Luca Cafiero il famigerato capo del servizio d’ordine del famigerato Movimento Studentesco del l’Università Statale di Milano, quello dei terribili e mai dimenticati “katanghesi”. Sì, è proprio lui: il “pacifista” Gino Strada, colui che oggi dà dei “delinquenti politici” agli esponenti della casa della Libertà e dei DS che non vogliono soggiacere ai suoi diktat di aspirante leader politico che sogna un seggio in Parlamento. Per l’esattezza Strada, insieme a Leghissa, era il capo del servizio d’ordine di Medicina e Scienze e il suo gruppo o squadra aveva questo inequivocabile nome: “Lenin”. Rispetto ai capi degli altri servizi d’ordine – ad esempio Mario Martucci per la Bocconi e il suo gruppo “Stalin”, o Franco Origoni per la squadra di Architettura, o Roberto Tuminelli, l’erede delle famose scuole private per il recupero-anni, alla guida del gruppo “Dimitroff”, il bulgaro segretario della Terza Internazionale accusato da Hitler di aver incendiato il Reichstag – il gruppo guidato da Strada si distingueva per la più cieca obbedienza e fedeltà a quel fior di democratico e di amante dei diritti civili che rispondeva al nome di Luca Cafiero, capo supremo di tutti i Servizi d’Ordine e poi divenuto deputato del PCI, candidato a Napoli, dove superò addirittura in fatto di preferenze l’on. Giorgio Napolitano. Ora Cafiero è ritornato a fare il docente universitario alla facoltà di Filosofia della Statale. 
Al comando generale e assoluto di Cafiero c’erano i gruppi “Stalin”, “Dimitroff” e tanti altri – ciascuno dei quali aveva uno o più sotto-capi -, ma era il “Lenin” di Gino Strada che si distingueva per la prontezza e la capacità di intervento laddove ce ne fosse stato bisogno.

In sostanza, ancora ben lontano dallo scoprire il suo attuale animo pacifista, Gino Strada era uno degli uomini di punta di quel Movimento dichiaratamente marxista-leninista-stalinista-maoista che aveva i suoi uomini guida in Mario Capanna, Salvatore “Turi” Toscano e Luca Cafiero.

I milanesi, e non solo loro, ricordano benissimo quegli anni, e soprattutto quei sabati di violenza, di scontri, di disordini. Ma ora nessuno dice loro che ad accendere quelle scintille c’era anche l’odierno “predicatore” Gino Strada. 
Solo che allora non aveva dimestichezza con le colombe bianche, le bandiere multicolori, il rispetto altrui, il ramoscello d’ulivo. 
Ma era molto di più avvezzo ai seguenti segni identificativi: l’eskimo, il casco da combattimento, e l’obbligo di portare con sé, 24 ore su 24, le “caramelle”: cioè due sassi nelle tasche e soprattutto “la penna”, cioè la famosa Hazet 36 cromata, una chiave inglese d’acciaio lunga quasi mezzo metro nascosta sotto l’eskimo o nelle tasche del loden.
Alla “penna” – si usava questo termine durante le telefonate per evitare problemi con le intercettazioni – si era arrivati partendo dalla “stagetta” (i manici di piccone che avevano il difetto di spezzarsi al contatto col cranio da colpire), dalle mazze con avvitato un bullone sulla sommità per fare più male, e dai tondini di ferro usati per armare il cemento, ma anch’essi non adatti poiché si piegavano.

I katanghesi e il loro servizio d’ordine, Gino Strada in testa, erano arrivati a questa scelta finale in fatto di armamentario, su esplicita indicazione del loro collegio di difesa che allineava nomi oggi famosissimi come quello di Gaetano Pecorella, Marco Janni, Gigi Mariani, insieme ad altre decine di futuri principi del foro, mentre sul fronte dei “Magistrati Democratici” spiccava la figura di Edmondo Bruti Liberati.

In Afganistan, i talebani che rimanevano feriti nei conflitti a fuoco, lui e i suoi complici, li andavano a curare nelle abitazioni, in quanto se fossero andati negli Ospedali, venivano prima curati, poi arrestati ed infine impiccati perché terroristi.
E infatti Gino Strada fu anche indagato per favoreggiamento e sospettato di spionaggio a favore dei Talebani.

giovedì 12 agosto 2021

LA STRAGE DI SANT'ANNA DI STAZZEMA

Rileggiamo la vera storia della così detta strage di Sant'Anna di Stazzema... se questo è accaduto bisogna trovare i responsabili sempre in quelle merde dei partigiani della "Garibaldi"...

è lungo ma vale la pena leggere la vera storia...


LA STRAGE DI SANT'ANNA DI STAZZEMA


Un bel articolo con alcune interviste fa finalmente luce sull'orrenda strage di Sant'Anna di Stazzema

Invitiamo tutti a leggerlo, ovviamente non esiste perdono per questa strage compiuta dai nazifascisti, esistono colpe sul perché è successo e vanno come sempre ricercate tra i delinquenti partigiani, i nazifascisti applicarono regole di guerra ben note ai partigiani. 


La storia della Resistenza comunista italiana è costellata da episodi talmente orrendi che sembrano, visti con gli occhi di oggi, assurdi e incredibili. In realtà tali episodi non furono né casuali né sporadici; i partigiani seguivano una linea ideologica e strategica ben precisa e già collaudata alla nascita dell’Unione Sovietica. Per potere perseguire la logica della resistenza comunista, rappresentata dalla strategia del terrore, servivano uomini che sapevano essere cinici e sanguinari, perché solo chi é permeato da tanta disumanitá puó apprezzare l’ideologia comunista.


La presenza permanente ed attiva dei criminali comuni all’interno della resistenza non deve per nulla stupire. Tra delinquenti della peggior specie e partigiani non c’era nessuna differenza e nessuna divergenza, sia di vedute che di comportamento anzi, la posizione dei partigiani è più grave perché, sia la pianificazione che l’esecuzione dei delitti erano la risultante della più sanguinaria freddezza e del più cinico odio ideologico. Ecco perché i crimini della resistenza sono particolarmente efferati. Che fossero dei criminali comuni o criminali guidati dall’ideologia (questo erano i partigiani), tutti gli autori di delitti furono coperti con ogni mezzo e in modo sistematico, sia dall’apparato del partito comunista italiano che da quello sovietico, sino ad organizzarne, qualora non ci fossero altri mezzi per proteggerli, la loro fuga ed il mantenimento nell’Unione Sovietica di Stalin.Tra gli innumerevoli esempi che consentono di comprendere perfettamente quale era la costante che contraddistinse sempre la strategia delle bande armate comuniste, si puó citare la tragica vicenda che il 12 agosto 1944 coinvolse Sant’Anna di Stazzema, un paesino dell’entroterra Lucchese, localitá nota come paese “vittima di stragi” da parte tedesca e fascista.


In realtá anche in questo caso, nulla togliendo alla crudezza germanica, furono i partigiani a fare inferocire i tedeschi, con il preciso scopo di indurli a compiere una rappresaglia, (che porterà alla fucilazione di quasi tutti gli abitanti del piccolo borgo).


Prima di addentrarci nella lettura che segue, vorrei fare una premessa! è ormai risaputo che il mesto operato dei partigiani non fu mai di nessuna importanza per le sorti del conflitto, come se ciò non bastasse, gli alleati, che pure si servirono di questi mascalzoni, non li ebbero mai in alcuna considerazione, tanto che essi per primi li considerarono sempre dei viscidi criminali.


Dell’amara vicenda di questo piccolo borgo ci sono chiare testimonianze di alcuni sopravvissuti. Tra di essi il signor Duilio Pieri, che nella strage perdette il padre, la moglie, due fratelli, le cognate e quattro nipotini, e che dal 1945 è presidente del locale “Comitato vittime civili di guerra”. I partigiani in questione erano i criminali della brigata 10/bis Garibaldi, i quali seguivano l’ormai collaudata tecnica: per prima cosa effettuarono alcuni agguati contro i tedeschi, che a loro volta risposero con una serrata ricerca dei ribelli nelle campagne circostanti al paesino. In quell’occasione i partigiani si introdussero a forza dentro le case e da lì spararono contro i tedeschi (questa operazione mirava a indurre i tedeschi a pensare che tra la gente del posto vi erano partigiani, o che la gente del posto desse loro protezione, azione che faceva scattare il diritto di rappresaglia).


A loro volta i tedeschi effettuarono una prima rappresaglia nella quale si limitarono a dare alle fiamme le case da dove erano partiti i colpi. Ma i partigiani continueranno nei loro agguati, sempre col medesimo scopo, indurre i tedeschi (in quel caso si trattava di un battaglione della 16° Divisione SS Reichsführer) a compiere altre rappresaglie. Con l’intento di non fare sfollare i civili, per farli uccidere, i partigiani tranquillizzarono la gente del posto assicurando loro che in caso di una nuova rappresaglia li avrebbero difesi. Infatti ben presto i tedeschi, decisi a “bonificare” la zona, affissero l’avviso di sgombero della popolazione per via dell’imminente rappresaglia (con tanto di avviso che avvertiva che chiunque fosse stato trovato nell’abitato sarebbe stato passato per le armi perché considerato fiancheggiatore dei partigiani).


Racconta Amos Moriconi, un ex minatore che in quel periodo faceva il fornaio, che nella strage perdette la moglie, la figlioletta di due anni, la madre, due sorelle, un fratello e il suocero.<<(…) I comunisti però intervennero subito, strappando il manifesto tedesco e affiggendone un altro nel quale facevano obbligo ai civili di non muoversi. Che cosa dovevamo fare? Eravamo presi tra due fuochi. La presenza minacciosa dei partigiani comunisti era molto più concreta di qualsiasi ordinanza tedesca. Così restammo tutti. Gli abitanti di Sant’Anna, gli sfollati che avevano cercato salvezza nel borgo appenninico non potevano certo sospettare, in quei momenti, che i comandi comunisti avevano freddamente deciso di sacrificarli. I partigiani calcolarono infatti cinicamente che le SS avrebbero scambiato gli uomini di Sant’Anna per partigiani comunisti e li avrebbero massacrati, tornando quindi alle loro basi con la certezza di aver “ripulito” la zona.>> Amos Moriconi continua il racconto:<<(…)Ricordo che affrontai uno degli ultimi partigiani che si accingevano a lasciare il paese e gli dissi: “Perché ci abbandonate? Voi sapete bene di averci infilato in una rete e sapete anche che i tedeschi non ci risparmieranno. Avevate promesso di difenderci. Dove ve ne andate adesso?”. Ma quello mi guardò ghignando e si allontanò senza rispondermi>>.


Ben si comprende quindi che la strategia delle bande comuniste era quella di condurre a morte certa i civili.


Racconta ancora, Amos Moriconi. <<La strage incominciò poco dopo le sei del mattino. I tedeschi, circondata la vasta conca dell’anfiteatro dove sorge Sant’Anna, si divisero in squadre, penetrando simultaneamente nelle diverse frazioni che compongono il paese: Argentiera, Le Case, Franchi, Vaccareccia, Coletti, Bambini, Colle, Sennari e Molini.


La popolazione venne colta di sorpresa. L’allarme però corse fulmineo di casa in casa e furono numerosi coloro che riuscirono a mettersi in salvo gettandosi nei boschi che circondano Sant’Anna. Ma, come già era accaduto in occasione di precedenti allarmi del genere, solo gli uomini tra i 18 e i 60 anni cercarono scampo. Fino a quel momento, infatti, l’incubo della rappresaglia aveva sempre risparmiato, almeno nello Stazzemese, i vecchi, le donne e i bambini.


Nessuno in paese, quella mattina, poteva sospettare che i tedeschi fossero decisi a uccidere senza pietà, quali “fiancheggiatori” dei partigiani, tutti gli abitanti di Sant’Anna. Nessuno poteva immaginarlo, ad eccezione però di alcune persone: i capi partigiani comunisti della zona. Questi, infatti, sapevano benissimo che i tedeschi, quando ritenevano di dover eliminare qualsiasi presenza partigiana in un determinato settore, non esitavano a massacrare anche i civili che abitavano nella zona. Lo sapevano anche perché proprio in quelle ultime settimane, e specie nel territorio della provincia di Arezzo, centinaia di innocenti erano stati trucidati nel corso di alcune feroci ritorsioni scatenate dalla attività criminose di formazioni partigiane rosse. Ma i capi comunisti, fedeli alle direttive della “guerra privata” condotta dall’organizzazione rossa, si guardarono bene dal mettere sull’avviso gli abitanti di Sant’Anna: a loro, quegli uomini, quelle donne, quei bambini, facevano più comodo da morti che da vivi, visto e considerato, tra l’altro, che nessuno degli abitanti del paese aveva voluto entrare nelle formazioni partigiane comuniste.>>


Un altro sopravvissuto, Mario Bertelli, in un primo momento pensò che comunisti alla fine sarebbero intervenuti in difesa del paese e della popolazione ma si trattò di una illusione che durò poco. Bertelli racconta <<(…) Dal mio nascondiglio potevo sentire l’eco degli spari e delle raffiche. La distanza mi impediva di udire le grida e le invocazioni d’aiuto. Per un po’ di tempo ritenni così che i tedeschi sparassero più che altro per intimidire la popolazione come era già accaduto altre volte. Poi cominciai a vedere il fumo degli incendi. Bruciavano case un po’ dovunque. Mi resi conto che la situazione si stava facendo tragica. Ero solo, senza armi. Tornare in paese in quelle condizioni non sarebbe servito a nulla: non avrei potuto aiutare i miei familiari e sarei caduto subito nelle mani dei tedeschi. Trascorsi così ore di agonia. Alla fine gli spari diminuirono di intensità e poi cessarono del tutto. Mi avviai allora verso l’abitato. Avrei voluto correre ma ero troppo debole a causa della malattia: il terrore di quanto avrei potuto vedere in paese mi piegava le gambe. Quando giunsi, molte case stavano bruciando. Mi avvicinai alla prima: vidi alcuni cadaveri tra le fiamme. Allora corsi urlando come un pazzo verso la mia casa. Era stata distrutta dalle fiamme, ma tra le macerie infuocate non trovai alcun cadavere. Mi spinsi allora fino alla piazza della chiesa, da dove vedevo levarsi un fumo denso. Ma quando vi arrivai, una scena spaventosa mi inchiodò al suolo senza che avessi più la forza di avanzare di un passo: un mucchio enorme di cadaveri stava bruciando lentamente. Ad un tratto mi sentii afferrare convulsamente e una voce, quella di mio padre, singhiozzò: “Sono là dentro… tutti”. Seppi cosi che nell’orribile cumulo e erano anche mia moglie, mia madre, le mie sorelle Pierina e Aurora e mio nipote. La rappresaglia però non si accanì contro tutte le frazioni che compongono Sant’Anna. Nella frazione Sennari, per esempio, le SS diedero fuoco ad alcune case e radunarono tutta la popolazione in una piazzetta. Sistemarono quindi le mitragliatrici per falciare quei poveretti: giunse però all’ultimo momento un ufficiale che impedì il massacro.


Nella frazione Bambini, i tedeschi non bruciarono case e non uccisero alcuno. Le altre frazioni, invece, furono quasi tutte distrutte e gli abitanti massacrati. Non si è mai capito il perché di questa terribile selezione. Una risposta può essere data dal fatto che le SS conoscevano o perlomeno, credevano di conoscere l’ubicazione delle case nelle quali erano stati ospitati i partigiani o, peggio, dalle quali i partigiani avevano fatto fuoco contro i loro camerati. Infatti durante il rastrellamento, accanto ai tedeschi c’era un ex partigiano comunista di nazionalità polacca, diventato spia delle SS (di norma i partigiani presi prigionieri, per evitare di essere fucilati, tradivano sistematicamente i loro compagni, mandandoli a morte certa, oppure si mettevano al servizio dei tedeschi indicando loro le frazioni da distruggere e le famiglie da massacrare perché nascondevano partigiani).


I tedeschi compirono la loro rappresaglia e se ne andarono, dopodiché i partigiani, che erano rimasti a godersi lo spettacolo nascosti poco distante dal centro abitato, rientrarono in paese per compiere ció che fu sempre la prerogativa di questi sciacalli , il saccheggio delle case e l’espoliazione dei cadaveri, non mancando mai di strappare persino eventuali protesi dentarie in oro.


Racconta Amos Monconi:<<(…) Fu allora che qualcuno mi disse che era necessario seppellire subito i morti. Raccolsi un pò di attrezzi e scavai una grande buca. Poi vi trasportai le salme dei miei congiunti e cercai di comporle prima di seppellirle. Mentre mi stavo dedicando a questa terribile incombenza, vidi i partigiani. Erano due. Uno lo conoscevo bene da tempo: era un milanese che si faceva chiamare “Timoscenko”. Si avvicinarono a me. Notai subito che avevano le tasche piene di portafogli, oggetti d’oro e d’argento. Se ne erano infilati anche dentro la camicia. Li guardai senza parlare. “Timoscenko” allora mi disse: “Devi consegnarci tutti i soldi e gli oggetti di valore che trovi sui morti. Siamo noi che dobbiamo prenderli in consegna”. Mi sentii salire il sangue alla testa; impugnai la piccozza e la alzai di scatto; “Vattene” gli dissi… “Vai via se non vuoi che ti spacchi il cranio”. “Timoscenko” esitò un momento poi, senza replicare, si allontanò”. Sul conto di questo “Timoscenko” e altri partigiani comunisti ne abbiamo sentite raccontare di tutti i colori. Furono visti entrare nelle case dove non era rimasto vivo più nessuno e uscirne dopo aver fatto man bassa. Furono anche visti spartirsi il bottino.


Il racconto di Amos Monconi fu confermato da Teresa Pieri, una delle superstiti la quale, raccontando ciò che vide qualche giorno dopo la strage affermò <<(…)scesi a Valdicastello, in una strada riconobbi due partigiani comunisti che avevo visto tante volte a Sant’Anna. Mi avvicinai e mi accorsi che si stavano dividendo soldi, braccialetti, catenine d’oro. Tutta roba rapinata sui cadaveri dei nostri cari>>.


Articolo di Vincenzo Ballerino"

venerdì 5 febbraio 2021

Trieste in Camper


Trieste in Camper -

Aggiornato Estate 2023:

Itinerario semi serio di due giorni, con posti per la sosta in libera, campeggi e cose da vedere. Pensato per portar degli amici a spasso per la mia bella città ed i suoi dintorni.
Letto con Street View di Google Maps aperto vi farà apprezzare i posti e capire alcuni incroci. In più alcuni personalissimi suggerimenti su dove e cosa mangiare.
Trieste è ospitale per i camper, NON LO E’ con i campeggiatori abusivi.. Per cui ricordarsi bene le norme della sosta in libera…
Un consiglio: per posteggiare serenamente a Trieste mettete la targa del camper su EasyPark. Si risparmia la ricerca di monetine…..
Arrivando verso Trieste dalla A4 – Uscita Duino oppure arrivando sulla SS14 si troverà:

Castello di Duino 

https://castellodiduino.it 

45.77183047304203, 13.603790878888125

Castello dalla storia secolare, a picco sul mare con interni sfarzosi, giardino terrazzato, bunker della II guerra mondiale e possibilità di visita. Girare per le sue stanze fa fare capolino indietro nel tempo, nell’opulenza delle dimore triestine nell’Austria Felix. Il Castello Vecchio nasce su rovine romane. Merita veramente le 2 ore di visita.

Camping MarePineta 

https://www.marepineta.com

45.773027828302936, 13.624669193861381

Il Camping Village Mare Pineta, a pochi chilometri da Trieste, si affaccia sulla magnifica Baia di Sistiana, in una posizione panoramica dove lo sguardo si perde nel mare del Golfo di Trieste. Il Camping Village è costeggiato dal famoso sentiero Rilke, una passeggiata molto suggestiva a picco sul mare, che dalla Baia di Sistiana si sviluppa lungo la costa fino a raggiungere il Castello di Duino.
NON è sul mare.. E’ vista mare… Il mare è circa 200 mt più sotto alla baia di Sistiana.

PromoTurismoFVG InfoPoint di Sistiana

45.7724366373616, 13.627780556293114

Piccolo posteggio libero, buono per sgranchirsi le gambe se non si pensa di scendere alla baia di Sistiana.

Parking Sistiana Mare 

45.77067799431575, 13.631460547066567

Un vasto parcheggio, in parte a pagamento. Buono per la sosta in libera ma assolutamente NO al campeggio abusivo, di buono è che è costantemente controllata dalle FFOO, quindi tranquillo.
Il posteggio è sul porticciolo, merita la visita.
Ci sono dei chioschi con street food.. Nel weekend è uno dei posti più vivaci della costa.

45.77037022607199, 13.6387829776812

Questo incrocio divide il percorso in 2 direttrici stradali, la rotta Nord, sulla SP1, che farà attraversare i paesini del Carso, dalla rotta Sud, sulla SS14, che porterà in città attraverso la panoramica ed incantevole Strada Costiera.
Quest’incrocio sarà il cardine di un anello che percorreremo assieme per esplorare Trieste, città Mitteleuropea ora dentro ai confini italiani.

Come abbiamo detto poc’anzi, prendiamo la 1° uscita alla rotonda per imboccare la Strada Costiera di Trieste, inserita svariate volte nelle classifiche delle strade più belle del mondo.

Al lato destro ci sono infiniti spazi dove sostare il tempo di una foto. La luce migliore la si ha arrivando nel pomeriggio, col sole che illumina Trieste ed il castello di Miramar che sembra esser il cardine del golfo.

Ho scritto Miramar, non Miramare, in quanto quello è il nome del castello voluto da Maximilian d’Asburgo. Miramare ne è una versione errata, italianizzata e che mi irrita non poco… Tanto per… 

Okkio che sulla Strada Costiera sono frequenti le pattuglie delle FFOO.. Per cui 😉😉😉ai limiti!
Google Maps vi segna alcuni punti di sosta per una foto. Altri.. li troverete voi.
Uno dei miei preferiti è immediatamente dopo la Galleria Naturale:

45.74449109257569, 13.664890310706381 

Proseguendo, sulla vostra destra troverete la discesa per il Porticciolo di Grignanoche merita certamente una visita. 
45.70610063173915, 13.712220389301574 
Ci troverete anche un buon ristorante, Il “Principe di Metternich” (caro….) ed una tavernetta alla mano.
Tornati su per i tornanti e ripresa la SS14, pochi metri dopo troverete il posteggio sito in 45.706682, 13.715742 ottimo (gratuito) per la visita al Castello di Miramar entrando dall’ingresso superiore (si trova in mezzo tra le due gallerie).


Castello di Miramar  

45.7028647728108, 13.71237059299954 
Castello del XIX secolo commissionato dall'Arciduca d'Austria, parco con piante rare e viste panoramiche.
La strada principale per andare al Castello è girare a dx al “Bivio” (nota località balneare della “cream”di Trieste) e proseguire verso il Castello. In fondo alla strada c’è un posteggio a pagamento sul mare che consente di entrare al castello dal suo ingresso principale. Spettacolare.
45.698903, 13.727053

Tutto il lungomare di Barcola è posteggiabile, per cui la sosta in notturna è fattibile, con il risveglio guardando il mare.
Il Parcheggio di Barcola, subito dopo la Pineta (Piazzale 11 Settembre 2001) offre anche degli stalli per camper. Purtroppo sono sempre e comunque occupati dalle automobili… 😤

45.68253073298864, 13.751262634380002

Accanto al parcheggio ci sono dei negozi di alimentari, una delle migliori gelaterie di Trieste, banca, giornali, etc.… E c’è anche il mio chiosco preferito: Kiosko Kennedy.

Proseguendo per alcuni chilometri verso città, sulla DX si troverà il Park Bovedo, 45.67660145940301, 13.754288166152769.  

Parcheggio libero per autovetture e area sosta per Camper a pagamento con tariffe a tempo da effettuarsi su parcometro o anche con Easy Park con fermata bus da e per il centro di Trieste con annessa emetittrice di titoli di viaggio direttamente alla fermata.

Per chi non vuole avventurarsi in centro con il camper in cerca di parcheggio è il posto ideale. Attenzione...nella zona a pagamento è permesso solo la SOSTA dei camper.
A me non piace proprio… Non c’è area CS, non ci sono colonnine, non c'è ombra, non c’è nulla e la strada è molto trafficata... Purtroppo è una delle due AS della città. Ed è la meno peggio... 
Però è comodo per una visita in città con i bus, di cui Trieste è ben servita.

Letteralmente dietro l'AS, c'è un grazioso ristorantino di pesce, che più sul mare di così non si può! È il ristorante dentro al Dopolavoro CRAL porto di Trieste.
Da notare che CRAL e Dopolavoro Ferroviario sono degli stabilimenti balneari..

Continuando ancora un po' verso Trieste si incontra una rotatoria 
45.66934267852452, 13.759100049120118
Questa consente di entrare nel comprensorio di Porto Nord, ora chiamato Porto Vecchio. Area sdemanializzata della città, non è più porto ma non è ancora città… Un limbo.

Hanno finalmente riaperto la strada da Bovedo a Piazzale Santos, che attraversa il (ormai ex) Porto Vecchio.
Stanno riqualificando la zona installando i sottoservizi che porteranno all'urbanizzazione della zona.

Rispetto alla rotonda, ci sono comunque tre zone in cui si può sostare:
Dalla rotonda, 1a uscita e si torna nella direzione di Park Bovedo, un grande piazzale in ghiaia senza ombra e senza servizi
2a Uscita, dentro per Porto Vecchio, la prima possibilità è subito a dx, posteggio in pace su cemento, in piano.
Continuando si arriva ad un piazzale. Quello della Centrale Idrodinamica. Altro buon punto di posteggio spesso frequentato da camperisti di passaggio in libera.
Si può sostare davanti alla Centrale idrodinamica 45.66660891218751, 13.761021851877896, se aperta merita la visita per veder la stazione di pompaggio dell’acqua che azionava le vecchie gru del porto asburgico. https://www.archeologiaindustriale.org/la-centrale-idrodinamica-del-porto-vecchio-trieste-3d/
Io non dovrei dirvelo.. ma.. Osservate la recinzione che vi divide dal mare.. C'è un cancello. Ma manca di serratura. Con discrezione lo si apre e si arriva al mare nella zona dov'erano le viniere.

Proseguendo, il Magazzino 26 (45.6660887598274, 13.761778234819959) è una struttura ottocentesca ristrutturata che ospita spesso mostre interessanti, tra cui anche lo “Science Centre Immaginario Scientifico Trieste” ed il Museo del Mare. 
Al Magazzino 18 invece si trova una mostra “particolare”.. Ci sono i beni abbandonati dagli esuli, mai reclamati.
Proseguite pure tranquilli fino ad uscire dalle porte storiche del Porto Vecchio. (45.6571422043564, 13.76966149797447) e vi troverete in Largo Città di Santos.

Alla vostra destra la Stazione Centrale (merita una visita e qualche foto per gli amanti dell’architettura neoclassica di fine ottocento), e quindi il Terminal Corriere, poi davanti a voi lo spazio una volta occupato dalla sala Tripcovich (ex teatro temporaneo durante la ristrutturazione del Teatro Verdi, ex stazione autocorriere). 
Ora solo un piazzale in ghiaia... (Gia' definita la "lettiera piu' grande del mondo"!).

Davanti alla Stazione Centrale c’è la piazza Libertà, con un monumento dedicato all’Imperatrice Sissi. Purtroppo la piazza è ritrovo delle “risorse” e dei balordi che gravitano attorno ad esse ed alla mensa per i poveri sita un paio di vie su per il colle. Comunque nessun patema per la sicurezza.

Dal Largo Città di Santos reimmettetevi sulla SS14 girando a destra, sarete in Riva 3 Novembre.

Guardatevi attorno, i vari palazzi della città nuova nata sull’impulso dato da Maria Teresa d’Austria al Porto dell’Impero. Il vecchio idroscalo, ora Capitaneria di Porto, è diviso dal Canal Grande di Trieste (l’unico sopravvissuto dei canali cittadini), dal Palazzo Berlam (detto grattacielo rosso, ora sede delle Generali) e dal Palazzo Carciotti con la sua cupola in rame. Poi la sede della Fincantieri e la splendida chiesa di San Nicolò della Comunità Greco Orientale. Quindi il Teatro Verdi con il suo tetto in rame che si affaccia sul molo Audace (ex Molo San Carlo), quindi il palazzo del Commissario del Governo con i suoi mosaici e finalmente Piazza Unità (ex Piazza Grande). 
45.65057682499838, 13.767152003744338

Dal mare, da sx a destra, in Piazza Grande potrete ammirare il Palazzo della Luogotenenza, il palazzo del Caffè degli Specchi (non si può passare per Trieste senza entrar in un caffè ottocentesco.. 

Alza la testa ed ammira le statue rappresentanti il progresso ed i commerci alla sommità), Palazzo Cheba (= gabbia, ovvero il palazzo sede del Comune di Trieste), la Fontana dei 4 continenti (merita perder un attimo a leggervi le iscrizioni), quindi il Palazzo Pitteri, L’hotel Duchi d’Aosta ed infine il palazzo del Lloyd Triestino (storica società di navigazione cittadina, nata come Lloyd Austriaco e morta con la svendita della FinMare effettuata dal governo Prodi….).

Da Piazza Unità si può ammirare sulla collina uno dei bastioni del Castello di San Giusto. 
Salendo lungo la via Capitolina si potrebbe trovare un posteggio prima di arrivare alla sommità del colle 45.646840195366295, 13.771673326500736 dove il posteggio è quasi sempre pieno…

Nel frattempo la SS14 ha cambiato nome diventando Riva del Mandracchio. Immediatamente dopo Piazza Unità c’è l’ingresso di un posteggio fronte mare: 
45.650091122955835, 13.765821635433278

Sì, lo so che è caro.. Quello più economico si trova dopo il Magazzino Vini, attuale Eataly, in Piazzale Straulino e Rode 
45.64692461216987, 13.760515674908982.  

Andando verso il posteggio, alla vostra dx si erge una costruzione in mattoni con una torre simil campanaria, è l’Aquario Marino della Città di Trieste, chiamato simpaticamente dai Triestini “Santa Maria del Guato”. 
45.64822893140282, 13.76262073897635 
Subito dopo di lui, al lato sx, si trova Piazza Venezia (storicamente Piazza Giuseppina) con una bella statua di Maximilian d’Asburgo (quello di Miramar). Alla base della statua ci sono le iscrizioni volute dai mercanti triestini per celebrare quello che era chiamato “il nostro Arciduca”.

Avendo un po' di meno fretta, o solamente perché il piazzale Straulino potrebbe essere pieno.. Conviene proseguire fino alla Riva Ottaviano Augusto, 45.646588256518385, 13.756108335491247, dove i posteggi non mancano e si può passare la notte in libera (e gratuita dopo le 20.00).
Visti gli articoli usciti ultimamente sul giornale locale.... Okkio alle "code" dei nostri bestioni bianchi.. che non intralcino la ciclabile... Se ne stanno lamentando e chiamano subito la municipale a multare...

 A spasso per città..


 I miei posti preferiti per portare ad assaggiare delle specialità tipiche triestine sono:

· “Al vecio Canal” in Piazza del Ponterosso, 2, 34121 Trieste TS 

(45.6517862697993, 13.771413211423878)
Posto dove vi suggerirei un panino di porzina con senape e tanto kren (carne di maiale con senape e rafano) oppure un piatto misto caldaia con tanto kren. (Sì.. lo adoro!) accompagnati da birre rosse grandi alla spina.

· "Birreria “Footlights” in Piazza Venezia, 34123 Trieste TS, 

per dei panini o piadine veloci con delle birre stupende! 
(45.647164085651234, 13.763117255603586)

Subito accanto alla Birreria “Footlights” in Piazza Venezia c’è il Museo Revoltella. Non perdetevi la visita!
Il museo si trova in Via Armando Diaz, 27, 34123 Trieste TS (45.647149085127964, 13.763074340259701) a pochi passi dalla sede dell’Istituto Nautico e della vecchia Biblioteca Civica di Piazza Hortis.

Dopo aver sbafato Al Vecio Canal vorrei farvi osservare quel poco della città che si apre attorno a voi. 
Ma.. Ricordate, Trieste non è stata costruita da persone grigie e bigie che camminavano con gli occhi bassi.. È una città che era libera, ricca, mercantile ed in espansione sui mari!

Una città dove la chiesa cattolica era solo un pochino privilegiata rispetto alle altre confessioni, il primo Editto di Tolleranza di Giuseppe II d’Austria è del 1781 e diede il via alla costruzione di edifici di culto per tutte le confessioni presenti in città.. Con tra l’altro una sinagoga ed una moschea.

Salendo per il Canale vi troverete la parte interrata dal dopoguerra dagli italiani, prima la chiesa di Sant’Antonio (nuovo) si specchiava nelle sue acque. Alla sua destra il grande tempio Ortodosso della SS Trinità. 
Continuate a guardar in alto, noterete i portoni degli edifici con su i “panduri”. Ovvero le facce mitizzate dei guerrieri che difendevano la casa (http://www.ilpuntosulmistero.it/i-segreti-dei-panduri-di-trieste/).. O la casa con le tende all’ultimo piano sullo sbocco di via Ponchielli…

Perdetevi nei giochi dei palazzi mercantili che circondano Piazza Ponterosso… Ed adesso seguitemi per via Roma, guardate la casa Veneziana in mattoni e poi proseguiamo alla casa al nr 12 della stessa via..
Bene, attraversiamo la Corsia Stadion (ora Corso Italia) ed entriamo nel ghetto dalla Portizza di Piazza della Borsa (45.65019492048694, 13.770212568361877). Botteghe e ristorantini..

Ma volevo farvi fare ancora 4 passi.. Voglio portarvi a dar uno sguardo al Teatro Romano, un anfiteatro del 1 secolo a.C. Di fronte alla Questura. (https://www.archeocartafvg.it/portfolio-articoli/trieste-teatro-romano-2/)

Poco prima del Teatro Romano si trova la Basilica di Santa Maria Maggiore, http://www.diocesi.trieste.it/decanati-e-parrocchie/parrocchie/santa-maria-maggiore/ (45.648370994591794, 13.769300792113055) con accanto la Basilica di San Silvestro, antica chiesa del XII in stile romanico, ritenuta tra le più antiche della città di Trieste. Attualmente gestita dalla Comunità Evangelica riformata. Da qua si può passar a vedere l’Arco di Riccardo presumibilmente eretto nel 33 a.C. e quindi affrontare a piedi la salita al Castello di San Giusto su per via della Cattedrale.

Bon.. Passata la giornata a spasso per città..
Mangiato bene e bevuto meglio…
Dobbiamo andar a scaricare le acque e riempire il serbatoio dell’acqua lavanda.
Non siamo lontani!

L’unica area CS di Trieste si trova in una zona che definirla sfigata è poco.. ma almeno è comoda da raggiungere: 45.63718149031274, 13.768961051306297

Dal nostro parcheggio in Riva Ottaviano Augusto procediamo quindi verso Est, sulla strada principale, passando il Museo Ferroviario nella vecchia Stazione di Campo Marzio, per via Giulio Cesare, quindi per Passeggio Sant’Andrea, lasciando alla ns sx il palazzo della Marineria e la nuova Piscina Bruno Bianchi, NON prendiamo la rampa della superstrada ma continuiamo per Viale ai Campi Elisi fino al ponte di ferro della ferrovia, immediatamente dopo questo si svolta a dx in via San Marco.
E.. ci si troverà tra tantissimi camper (d’epoca) posteggiati. Proseguiamo così ignorando la curva della strada principale che davanti alla Torre del Lloyd (https://danieledemarco.com/2014/11/02/torre-del-lloyd/ ) gira a sx per trovarci davanti la zona di scarico e carico gratuita. 

Dopo il CS c'è l'uscita dell'altra As di Trieste. L'entrata è allo svincolo del molo VII. È usata come posteggio dai residenti, difficile trovare un posto libero e troppo vicina al posteggio dei camion in partenza x Turchia ed Albania.. 
Meglio ignorarla e tirar dritti... 

Dopo aver fatto CS sbucheremo di nuovo su Viale ai Campi Elisi, alla ns dx c’è un comodo distributore ESSO nel caso serva rabboccare anche il serbatoio della nafta del ns Bestione Bianco. 
Ho messo rabboccare perché, con i prezzi raggiunti dai carburanti, la gita oltreconfine è d'obbligo.. 

Ben bon, si riparte ed andiamo ad esplorare la cittadina veneziana alle porte di Trieste: Muggia.

Da V.le ai Campi elisi dobbiamo ritornare di alcune centinai a di metri verso il centro città, scolliniamo e prendiamo la rampa della superstrada in direzione Muggia / Slovenia. 

OKKIO ai ciclisti!! Qualche genio della lampada, spenta, in comune ha ben pensato di far intersecare la base della rampa per la grande viabilità con la ciclabile... 

Usciamo dalla NSA326 per Muggia, si gira a dx e si arriva al mare lungo la strada delle Saline.
Giriamo a sx e passiamo il ponte sul Rio Ospo, antico confine tra Trieste e Muggia. (45.59787131127823, 13.785851837376045). 
Nel posteggio in terra che vedrete alla vostra DX spesso ci sono camper in sosta libera. Anche per la notte.  45.598410, 13.782781 Parco di Rio Ospo
Posto molto frequentato simpatico. 

Continuiamo sulla strada principale, via Trieste, fino a passare il Park del Piazzale Alto Adriatico (45.60184229866288, 13.775305391510114). Potenzialmente essendo un posteggio libero può anche essere usato per una sosta notturna. Ma.. Senza vista, senza servizi, senza accesso al mare... Non mi piace! 
Proseguiamo fino al Parcheggio Caliterna (45.604146693654215, 13.769747854444288) dove, a pagamento, potremo lasciar il camper per andar ad esplorare questa bella cittadina. Con una mezz'oretta a piedi ne si visita il centro e le calli principali.

Da qua proseguiamo sul lungomare, SP14, in direzione del confine di stato.
Troveremo il parcheggio di Porto San Rocco (45.60731414403402, 13.755081535550678 https://www.portosanrocco.it ) un finto villaggio turistico, ma con una bella marina. 
Immediatamente prima della marina, vedrete dx un posteggio. In estate a pagamento, libero in inverno. 
Non è pensato per la sosta camper, ma i Van sono ben tollerati e c'è l'accesso al mare. 

Proseguendo sulla Strada per Lazzaretto arriveremo a Boa. 
Attenzione che ci sono 2 autovelox a lato sx, il primo 50 km/h, posto prima del Molo T (bel posto per far i tuffi dal pontile) il secondo a 30 Km/h a Boa... 

Boa è la nuova area balneabile di Muggia. 
Ben fatta e con due comodi parcheggi. Si può usarla come AS frontemare. 
Non c'è CS, ma il bar ha il bagno. 

Proseguiremo quindi sulla provinciale fino a Punta Sottile
(45.60570041797594, 13.719515444015594) un bel posto per far qualche foto, per poi arrivare al Porticciolo del Lazzaretto (45.59709059262488, 13.722959400387369 https://youtu.be/uuoxRPX-e2E), ultima tappa di questo ramo del nostro giro.

Di fronte al porticciolo, dove comunque si può fare sosta notturna in libera dormendo davanti alle barche ormeggiate, c’è il Campeggio San Bartolomeo. (45.5970455508326, 13.724021555148546 https://campeggiosanbartolomeo.it).

E qua.. siamo arrivati proprio al confine di stato.. e ci tocca tornar indietro al porticciolo dove possiamo trascorrere in tranquillità la notte. Tra l’altro la piccola area di sabbia che dal porticciolo va in Slovenia è forse l’unico pezzo sabbioso di tutta la costa triestina. Sicuramente i ragazzi apprezzeranno farci 4 passi.

 Roadbook del 1° giorno:

 https://www.google.com/maps/dir/45.77183047304203,+13.603790878888125/45.77037022607199,+13.6387829776812/45.74449109257569,+13.664890310706381/45.68253073298864,+13.751262634380002/45.66660891218751,+13.761021851877896/45.650091122955835,+13.765821635433278/45.646588256518385,+13.756108335491247/45.63718149031274,+13.768961051306297/45.59787131127823,+13.785851837376045/45.59709059262488,+13.722959400387369/@45.685049,13.5714378,11z/data=!3m1!4b1!4m45!4m44!1m3!2m2!1d13.6037909!2d45.7718305!1m3!2m2!1d13.638783!2d45.7703702!1m3!2m2!1d13.6648903!2d45.7444911!1m3!2m2!1d13.7512626!2d45.6825307!1m3!2m2!1d13.7610219!2d45.6666089!1m3!2m2!1d13.7658216!2d45.6500911!1m3!2m2!1d13.7561083!2d45.6465883!1m3!2m2!1d13.7689611!2d45.6371815!1m3!2m2!1d13.7858518!2d45.5978713!1m3!2m2!1d13.7229594!2d45.5970906!2m2!1b1!2b1!3e0

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Buon giorno!
Oggi ci rimettiamo in marcia per affrontare la seconda giornata di questa nostra 2 giorni di escursione per Trieste e la sua Provincia (.. in realtà ex provincia.. è stata abolita.. ma tant’è..).

Impostiamo il nostro navigatore su Villa Revoltella (45.64474371045359, 13.815492329250247 https://friuli.vimado.it/aria-aperta/itinerari/la-leggenda-del-barone-pasquale-revoltella/), percorreremo nuovamente il lungomare dal Lazzaretto a Muggia sulla SP17 poi SP14, quindi SP15, alla rotonda sita in 45.58741555916556, 13.802728321722663 si prende la 4° uscita, sempre in direzione Trieste.
Con la 3° uscita ci si potrebbe fermare al Centro Vacanze, l’unico grande negozio di accessori e vendita camper della nostra zona. (45.58786605275332, 13.803779747647868).

Passati sotto al centro commerciale, attenzione che nei pressi della prossima rotonda, dove si proseguirà dritti (45.59692771434881, 13.805592920953742) spesso sostano le FFOO.
Proseguiremo quindi sulla SP15- SS15 Via Flavia, girando a dx al conce BMW. 

Nel caso usiate le bombole in vetroresina della Belfin, come me, a pochi avete uno dei rivenditori nel caso dobbiate rifornirvi: La Combustibile (45.61246877262218, 13.826669719405462).

Riprendiamo la strada ed evitiamo la città, prendendo la Provinciale che passa per il comune di San Dorligo, incrocio a dx verso Mattonaia sulla SP12B, che poi diventerà la SP11 ed arriveremo a Bagnoli.
Poco prima di arrivare alla Piazza di Bagnoli si trova il Teatro France Prešeren di Bagnoli con il suo posteggio. 45.61279435339066, 13.858058626936591.
Questo è il  miglior posto per lasciare il camper ed andar a farsi una scarpinata su per la Val Rosandra.
Posteggio grande e gratuito, un valido posto per passare notti in libera. 
Il percorso base, di circa 2 ore, che richiede comunque calzature da trekking, è raggiungere la trattoria di Bottazzo

Riprendiamo dal Posteggio del Preseren a Bagnoli la SP11 che comincerà a salire verso Sant’Antonio in Bosco e continuando fino al Passo di Longera (45.63315222769915, 13.840467002903408) dove si girerà a sx per Cattinara – Ospedale.
 Alla rotonda in (45.636573097608725, 13.831154373211799) si prosegue dritti, vedrete un Agip alla vostra sx, quindi in alcuni minuti arriveremo al Parcheggio di Villa Revoltella, nostra prossima sosta.

Ecco il giro su GMaps:


Mi auguro che durante la visita alla città vi siate regalati una visita al Palazzo Revoltella, attualmente un museo che porta il nome del Barone, che fu uno dei maggiori finanziatori della costruzione del Canale di Suez, che fortissimamente volle per accorciare la navigazione delle navi del Lloyd Austriaco dalla Cina e dal Giappone a Trieste, porta dell’Impero.

Ma il Barone aveva anche una villa di rappresentanza ed un splendido parco con giardini all’italiana dove intrattenere i suoi ospiti. Se la villa “Al Ferdinandeo” (45.645556192322616, 13.810603297931626) dove riceveva l’Imperatore e gli altri nobili delle corti europee oggi non è più visitabile, poiché contravvenendo al suo lascito testamentario il Comune vi ha installato una scuola di Business Management post laurea, fortunatamente il parco con la chiesetta e la cripta sono accessibili al pubblico.

Il parco di Villa Revoltella si apre sulla via Carlo de Marchesetti (45.64474371045359, 13.815492329250247) ed il posteggio ha 5 stalli per i camper, utili anche per la sosta libera.
Anche al Ferdinandeo c’è un parcheggio su sterrato.. ma ha le famigerate sbarre a 2 metri quasi sempre aperte.. Quasi.

Arrivati alla Villa Revoltella, dopo una sosta ed una passeggiata tra i giardini, purtroppo in decadenza, riprendiamo il nostro giro sempre fuori città. Proseguiamo per la Via Carlo de Marchesetti in direzione Basovizza, seguendo la Statale 14 della Venezia Giulia, dove abbiamo ancora alcune cose da vedere e gustare.

Prima vi porto ad un monumento triste. Ricorda l’orrore della guerra e del suo immediato.
Andiamo alla Foiba di Basovizza. Posteggiate qua e fate gli ultimi metri a piedi (45.635583307587304, 13.863502929739166). Volendo è un’area di sosta libera… Ma.. Credo che dopo che avrete letto le lapidi e visitato il museo non vi andrà di passarci la notte. https://www.focus.it/cultura/storia/che-cosa-furono-i-massacri-delle-foibe
Lascio che siate voi a farvene un’idea. Dopo la visita potrei raccontarvi delle molte foibe in Slovenia ed in Istria, testimoni di una pulizia etnica voluta dai banditi Titini comunisti. Ma ci rovinerebbe l’allegria della giornata.

Vi faccio quindi percorrere ancora una manciata di metri, venite con me ad ammirare dall’alto la Val Rosandrahttp://www.riservavalrosandra-glinscica.it
Vi porto alla Vedetta di San Lorenzo (45.626441593878035, 13.869578628618813) e sotto di voi si apre la Valle.
Posto caro a tutti i triestini amanti delle passeggiate ed arrampicate, era la parte iniziale dell’antica via Salaria che dal mare saliva nella Carniola e quindi su nell’Impero. Il suo altro capo si trova vicino a Vismar.. Nel nord della Germania.
Purtroppo il posteggio non è in piano.. Ma pochi metri prima, alla sommità del colle c’è uno slargo quasi pianeggiante. Può andar bene per sgranchir le gambe ed ammirare il panorama.

Parlavo di gustar qualcosa di buono.. Bene!
Accanto al posteggio c’è una tipica trattoria carsica, dove si possono gustare degli splendidi gnocchi con l’arrosto  (Trattoria Al Pozzo di Gustini Pierpaolo, Località San Lorenzo, 9, 34018 San Lorenzo TS), ma io devo assolutamente portarvi in una pasticceria che si trova poco distante da qua…
Seguitemi al Panificio Pasticceria Marc Basovizza, Via Igo Gruden, 64, 34149 Basovizza TS (45.641573172477614, 13.862468092593597) e prendiamoci delle Carsoline, chiamate in dialetto “zavate” (ciabatte). Sono delle mille foglie alla crema pasticcera che vi miglioreranno la giornata dopo la visita alla Foiba.

Viste le dimensioni dei nostri “bestioni bianchi” conviene posteggiare al laghetto (45.642590, 13.865091).

Mangiate le nostre paste creme, carichi di zuccheri ed energia, sarà ora anche di far il pieno ai nostri camper. Bene, dal posteggio al laghetto si prosegue in direzione del confine di stato, per entrare in Slovenia.
Il distributore si trova a Lokev / Corgnal sulla sx, (45.66196039455223, 13.919245516000261) per cui ci ritroveremo la prua dei nostri mezzi già verso Trieste.
Ne approfitteremo per una sosta all’Equile lipizzano / Lipica prima di rientrare. (45.6690683121352, 13.884527002657425https://www.lipica.org/it/scoprite-lipica/la-storia.

Bene, rientrati dal confine puntiamo nuovamente su Basovizza, per girare prima del centro del paese a dx, dove dalla SP 10 gireremo in via Kosovel in direzione di Padriciano / Opicina.
Opicina sarà il posto della nostra prossima sosta.

Da via Kosovel a Basovizza procediamo seguendo sempre le indicazioni per Opicina sulla SP1 passando i vari paesi del Carso sino all’incrocio per Banne (45.68014659726626, 13.805710424730222). Qua faremo un Sx / Dx per immetterci sulla SP35 ed aggirare l’abitato (bello ma caotico) di Opicina.
Sulla SP35 proseguiamo fino al Quadrivio di Opicina (una rotonda in 45.68311096004828, 13.783436284547804) dove prenderemo la 3° uscita verso Trieste.
Dopo alcune centinaia di metri sulla SR58/E61 arriveremo al parcheggio dell’Obelisco di Opicina. Okkio 😉che l’ingresso è al contrario, si entra a valle e si esce a monte…

Così siamo al posteggio dell’Obelisco di Opicina (45.679701996995476, 13.780813381965913) e Trieste è stesa placidamente sotto la collina. 

L'obelisco che svetta alla sommità della Strada Nuova per Opicina, in prossimità del quadrivio, fu eretto proprio per celebrare la costruzione di tale strada. 
Progettato da Biagio Valle, studente di architettura figlio di Valentino Valle, l'obelisco fu commissionato nel 1834 e, in teoria, avrebbe dovuto esser consegnato il 22 ottobre 1838 - data nella quale era prevista la visita a Trieste dell'imperatore Ferdinando I.
In realtà numerosi intoppi fecero slittare la data di consegna prevista: dapprima incertezze sul luogo del posizionamento, poi la rottura del carro che lo trasportò dalla cava Zagorsko di Monrupino,  poi ancora problemi al verricello usato per erigerlo... anche la prevista visita dell'Imperatore a Trieste non avvenne, e quindi l'obelisco fu completato appena il 30 marzo 1839, ma senza nessuna cerimonia ufficiale...
È un posteggio, ma spesso ci ho visto camper in sosta notturna. Difetti: rumoroso e in battuta di bora.

A pochissima distanza si trova i Campeggio Obelisco (45.67986737643589, 13.784064997932669 https://www.campeggiobelisco.it/home.html), guardando la strada da dove siamo arrivati scendere, si vedono le rovine del vecchio Hotel Obelisco, subito dopo una stradina si inerpica a salire. Su per di là, strada stretta, si trova il campeggio.
Di comodo la posizione, la fermata del bus è vicina al piazzale dell’Obelisco, e la vista dal davanti del campeggio sulla città.

In più.. se avete delle torce, si possono esplorare i bunker tedeschi costruiti dalla TODT nella 2GM sotto al campeggio… una delle camere passa da una parte all’altra della collina. https://superchineadventures.com/2017/10/31/giro-dei-bunker-di-opicina-e-il-cimitero-tedesco/

Percorso GMap:


Per la sosta libera, ad alcune centinaia di metri ci sono due parcheggi: 
Parcheggio Libero Opicina Sud (45.682858152912274, 13.7835714714845) ed il Parcheggio del Quadrivio (45.684492143681055, 13.781146754555252

Per semplificare, dall’Obelisco verso Opicina, alla rotonda alla 1° uscita c’è Opicina Sud, 3° uscita il Quadrivio. Entrambi con moltissimi camper posteggiati. Nessun servizio.
Quello SUD è messo meglio come pianeggiante, vicino al verde e meno esposto alla bora.
Di fronte al Posteggio Sud c’è un supermercato di surgelati.. Magari vi venisse voglia di sbizzarrirvi con il forno del camper…

Tra l’altro, nel caso del vostro equipaggio facessero parte anche dei camminatori o dei ragazzi con le bici, dal posteggio dell’Obelisco parte la Napoleonica (più correttamente chiamata Strada Vicentina) che è una passeggiata / ciclabile che porta a Prosecco, proprio al prossimo punto dove voglio portarvi.
Per cui potete lasciarli scorazzare ed andar ad aspettarli all’arrivo.

Bon, dal posteggio sud affrontiamo nuovamente la rotonda del Quadrivio per proseguire sulla SP35 in direzione di Prosecco.

Continuando ad andare verso Prosecco sulla SP35 ci troveremo a questo incrocio (45.70688026542498, 13.746353776215603) dove gireremo a sx verso la SP1, quindi Sx e poi Dx sulla Strada Provinciale del Carso verso il Santuario di Monte Grisa. (45.69396817710445, 13.75004075560509 http://www.montegrisa.org/storia).

Il Santuario merita certamente la visita, per le sue molte cappelle ed altari che riportano ai paesi abbandonati dagli esuli Istriani che fuggirono dai banditi Titini dopo la 2° GM.

Dalla passeggiata esterna si può ammirare uno splendido panorama da Lignano a Piano. DA NON PERDERE!! 

Ma io devo portarvi alla fine della Napoleonica a recuperare gli escursionisti!

Quindi proseguiamo sulla Strada Provinciale del Carso, non giriamo per il Santuario ed arriveremo al posteggio alla fine della Strada Vicentina (45.6974377874801, 13.742298559302379
Splendido posto per la sosta e, sistemandosi sullo sterrato ad inizio di questo pezzettino di strada, si può anche passarci la notte in libera.

Se non lo avete mai fatto, mollate il camper e fatevi qualche centinaio di metri sulla Napoleonica. Il mare e la città sotto di voi, accanto a voi, sulle falesie, i rocciatori che si allenano.
Se poi vi va una semplice escursione nel bosco, dal posteggio c’è un sentierino facile che sale nel bosco e vi porterà alla Vedetta d’Italia (45.694923394045155, 13.74603440043059). Dietro a voi i monti, davanti a voi il mare. Merita!

Bene, fin qua ci siamo.
Ma salendo alla vedetta, camminando sotto alle falesie della Napoleonica avete potuto apprezzare il bianco delle calcaree di cui è parzialmente costituito il nostro Carso. Ma siccome lui è un timido, i suoi tesori non li espone.

Venite con me che vi porto nel suo ventre, in quella che è stata classificata come la grotta a camera unica più grande del mondo!
Andiamo a Borgo Grotta, al parcheggio della Grotta Gigante  (45.709303295695655, 13.764224753521056 https://www.grottagigante.it).

Dalla fine della Napoleonica ripercorriamo la strada provinciale del Carso, da là seguiamo le indicazioni per Borgo Grotta e per la Grotta Gigante, SP1 e quindi SP29A fino alla svolta a sx per il posteggio della Grotta.

Come già fatto per il resto del percorso lascio a voi le ricerche on line per vedere dove vi sto accompagnando.

Ma la Grotta è una delle cose da non perdere assolutamente!
Bene, ora che siamo sparati 1000, sì.. MILLE scalini.. Siamo pronti a riprendere l’ultimo pezzettino di questo nostro giro.

Da Borgo Grotta ripercorriamo la SP29A al contrario per tornare sulla SP1 e prendiamo in direzione Sistiana.
Poco prima di tornare alla rotonda di Sistiana, cardine dell’anello del nostro giro, (45.77037022607199, 13.6387829776812) passeremo davanti al Camping Agrituristico Carso (45.76209680106332, 13.652416402754703 https://www.campingcarso.com). Un bel posto con campeggio a prezzi modici.

Ultimo pezzo per GMaps:


Ancora poche centinaia di metri ed il nostro giro assieme è finito.
Spero che abbiate apprezzato questo giretto in compagnia.

Lupo